The Magic Tree – Art Trails II. Pupille | Cortina d’Ampezzo, 2021

Work designed for the exhibition spread through the woods of the path of Pian de ra Spines, curated by Fulvio Chimento and Carlotta Minarelli

The artist has painted with the color one of the trees which then gives shape to the forest, with the aim of combining the fantasy sphere of the world of fairy tales with the real one.

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A passi brevi

Per parlare di Pupille bisogna comprendere il contesto specifico in cui agisce artisticamente, un territorio che prima di trasformarsi in una località “alla moda” rappresentava una terra di conquista per popoli stranieri, esploratori, avventurieri, eserciti disposti a fronteggiarsi per strappare un metro alla volta. Fin dal Medioevo le montagne intorno a Cortina sono state protette e difese dalle Regole d’Ampezzo, che rappresentano una componente essenziale nella narrazione legata al racconto di Pupille, sia per l’aiuto concreto che le loro maestranze hanno fornito al progetto, ma anche per aver preservato le aree di intervento oggi oggetto di speculazione artistica. Altro aspetto fondamentale per comprendere la genesi della mostra è indagare le motivazioni profonde che hanno spinto un gruppo formato da artisti e curatori a mettersi alla prova cercando di innalzare il valore soggettivo dell’arte a patrimonio condiviso di una comunità. Pupille nasce come dono da parte degli artisti stessi alle persone che amano passeggiare nel bosco, lo dimostra il fatto che le opere resteranno esposte lungo uno dei sentieri più frequentati delle Dolomiti Ampezzane per un periodo indefinito. Pupille è una mostra totalmente integrata con il paesaggio, non si sovrappone a esso, non lo esautora, ma vi si “adagia”, lo contempla, ne interiorizza le suggestioni, se possibile, lo accresce di valore. Le opere tratteggiano un percorso ideale e, come gli elementi di natura, sono soggette alle variazioni delle stagioni e degli elementi, che in queste zone agiscono in modo aggressivo e non convenzionale sui materiali. I lavori artistici si trasformano in sinergia con il paesaggio, grazie alla luce, alle ombre, al colore delle foglie: gli interventi artistici vengono inseriti in una natura viva scevra da artifici, con la conseguenza che ciò che maggiormente va incontro a uno stato di mutazione è il piano sensibile del visitatore: l’intensità della sua “vibrazione emotiva” costituisce la finalità ultima nella fruizione del progetto artistico Pupille.

Più che documentare le opere – come avviene abitualmente in questi casi ­–­ il catalogo della mostra cerca di restituire le tracce di un’avventura, che si compone di vari personaggi che hanno fornito il proprio contributo al progetto: artisti, operai, collaboratori, curatori, maestranze, allestitori… sono gli ispiratori (inconsapevoli?) del canovaccio di Pupille. In questo viaggio il cocchio degli accadimenti è stato guidato dal caso: Pupille è una mostra nata per regalare emozioni alla comunità ampezzana, che insieme a noi ha contribuito alla nascita e allo sviluppo di un progetto irripetibile. Pupille incarna una fiaba, che coinvolge in modo primario l’anima e lo sguardo, che può essere letta o anche solo immaginata a occhi chiusi: spiriti, spiritelli, fatine gentili o ingannatrici, entità del bosco benefiche e maligne, principi, principesse, cacciatori, avventori, spietati esecutori, tutti coloro che popolano la mostra Pupille erano già tra noi. Sono i personaggi dai quali abbiamo scelto di farci accompagnare, è bastato semplicemente riconoscerli.

La pubblicazione si chiude con la narrazione di alcune storie che autori (a noi ignoti) hanno scritto dopo aver attraversato Pian de ra Spines: queste “nuove fiabe” vanno a inverdire il ricco patrimonio di leggende ispirate alle Dolomiti, e sono qui pubblicate per la prima volta.

Negli artisti Benni Bosetto, Cuoghi Corsello, Alessandro Ferri, Maurizio Mercuri la dimensione “magica” è già evidente nel modus operandi; non abbiamo chiesto loro di realizzare opere necessariamente legate alla tradizione letteraria ampezzana, anche se questi testi, in alcuni casi, hanno contribuito a ispirare i loro lavori. La scelta del titolo della mostra deriva dal latino pupa: “bambola”, la piccola immagine riflessa all’interno delle pupille. Il titolo è riferito anche alla soggettività che caratterizza lo sguardo dell’artista sulla realtà in divenire, tanto che questa relazione con il mondo delle cose ne condiziona la sensibilità: l’arte come sguardo primigenio, limpido e indagatore di stadi intermedi, sotto cui si cela il reale. Per tutte le specie viventi, le pupille sono medium tra mondo esteriore e mondo interiore. Questi organi riflettono (e immagazzinano), come uno specchio, tutto ciò su cui il nostro sguardo si posa: sono la chiave dell’inconscio, si dilatano o si restringono in base alle variazioni della luce e alle emozioni che l’oggetto osservato suscita in noi. Le pupille rivelano noi stessi, tradendo in qualche modo i travestimenti che si celano nella nostra anima, e costituiscono anche un riferimento diretto al mondo dell’infanzia: è lo sguardo a influenzare in modo potente il processo educativo e di apprendimento che si instaura tra bambino e adulto. Ma la mostra non si rivolge unicamente al mondo dell’infanzia e neanche a quello (più polveroso) degli adulti, è un’opportunità per guardare dentro noi stessi, per coltivare quella parte che maggiormente tende all’immaginazione e alla meraviglia, e che talvolta reprime questi impulsi naturali.

Il percorso di opere ha inizio dal Camping Olympia: vi si arriva lasciandosi alle spalle Cortina lungo la strada che conduce a Dobbiaco e che fa sosta a Fiames. Dopo aver percorso dieci minuti a piedi ci si imbatte nelle prime opere, si tratta di cinque troni realizzati per accogliere aspiranti principi, principesse, re e regine. Lo schienale dei troni è stato disegnato dagli artisti, poi realizzato in ferro battuto, grazie alla collaborazione con le maestranze delle Regole, mentre la base del trono è costituita da tronchi presenti in natura, già tagliati in precedenza. I troni hanno dei titoli significativi, “aperti”, e particolari, che, già di per sé, sembrano voler raccontare una storia. Ognuno di essi indica un soggetto che idealmente può abitarli, salirvi sopra, per offrire di sé un ritratto in un regno in continua trasformazione: Principessa, Re, Principino fuggitivo, Principe Filippo, oppure, semplicemente, Vicino alla panchina. I troni sono installati in diversi punti del percorso: innalzati sopra una collina, immersi in un “concerto” di felci, inquadrati in una corte di abeti, oppure nei pressi del tracciato più battuto.

Dopo aver camminato circa mezz’ora, si arriva in una radura dove possono essere consultati comodamente su un tavolo in legno i volumi custoditi in una libreria ricavata da un grosso tronco d’albero, progettata dagli studenti del Liceo Artistico di Cortina. In questa zona è collocata un’altra delle opere di Pupille: tra le fronde spunta Schifio braciere, opera in ferro sostenuta da un treppiede dello stesso materiale, che, in occasione dell’inaugurazione, è rimasta accesa per tutta la durata della festa che le Regole hanno voluto organizzare per celebrare in modo rituale questo momento artistico. Schifio braciere può essere letto come la personificazione degli spiriti maligni, in verità necessari all’uomo e alla natura, poiché, resistendo a essi, l’uomo rafforza il proprio animo in ottica di un’elevazione spirituale. Lasciandosi quest’area alle spalle e guardando sulla destra, si viene colpiti da un intervento artistico “tintinnante”, denominato Britney: installazione che ha la finalità di catturare la luce dolomitica attraverso gocce di cristallo disposte all’interno di piccole gabbie tinte di rosso, normalmente utilizzate per uccelli da richiamo nelle battute di caccia venatoria. In questo caso, le gocce di cristallo diventano invece una fonte attrattiva per la sorgente luminosa, mentre il titolo stesso sembra voler riprendere dal punto di vista fonetico il rumore del cristallo che oscilla nel vento, in queste zone spesso perturbante. Dopo aver incontrato Britney ci inoltriamo nel bosco imbattendoci quasi per caso in Cervo schifio, un’opera che fa parte della serie dei troni, allestita in una piccola radura fra gli abeti. In questo caso il disegno del trono accentua le forme presenti nel contesto naturale: la seduta può accogliere un’”incoronazione multipla” ed è calata nella silenziosa atmosfera della foresta. Nell’arte e nella letteratura il cervo è un animale ricco di simbologie, legato alla forza istintiva del corpo e dello spirito, ma anche alla sessualità, alla calma e alla fecondità. Il cervo è un animale pacifico, ma rimane selvaggio e difficile da domare. Tornando sul sentiero, scorgiamo, appeso a uno dei poderosi rami di un imperioso abete, un forziere dalla cui base pendono verso terra trentatré nastri di raso di differenti colori. A ciascuna delle estremità sono legate altrettante campanelline (meno una trovata in terra il giorno dell’inaugurazione): sedendoci ai piedi dell’albero e chiudendo gli occhi si può ascoltare il suono dell’opera interagire con le immagini che si creano nel buio delle nostre palpebre. Cosa sia presente all’interno del forziere non è dato sapere, ma l’opera sembra alludere alla nascita del suono proveniente da un grande vuoto.

Ora il sentiero corre centralmente tagliando due parti di bosco, che si presenta fitto (qui negli anni passati il Comune di Cortina portava avanti attività di rimboschimento attraverso la “Festa degli alberi”), ed è risaputo che gli alberi sono in continua ricerca di luce, da conquistare in altezza: non tutti riescono in questa impresa, e alcuni di loro sono costretti a “sacrificarsi”, rimanendo di piccole dimensioni, oppure vengono piegati dalle abbondanti nevicate. Anche per questo motivo, in alcuni periodi dell’anno, il bosco di Pian de ra Spines può sembrare un cimitero di alberi, che, tuttavia, viene rischiarato da alcuni “arcobaleni”, poiché, talvolta, gli alberi abbattuti dalle forze naturali, prima di cadere al suolo, si incurvano verso il terreno, in modo da sembrare linee astratte che infrangono la verticalità del bosco.

Procedendo, il sentiero si allarga e il fiume Boite, che scorre sulla destra, inizia a far sentire la propria voce con insistenza. Bisogna prestare particolare attenzione sulla sinistra per scorgere alcuni disegni realizzati in collaborazione fra la mano dell’artista e la natura. In alcune “ferite” presenti sulla corteccia degli abeti, che l’albero attraverso la produzione di resina ha contribuito a “medicare”, sono stati creati i disegni Senza titolo (Reincarnazione #1 #2 #3), che si richiamano alla funzione degli ex voto, e possono ricordare le illustrazioni sintetiche realizzate da Dino Buzzati con la stessa finalità. In relazione a Pupille questi interventi innescano una meta-narrazione: a poche centinaia di metri dal luogo in cui si trovano, infatti, nel 1976 si è verificato un grave incidente aereo. Un Cessna tentò di decollare in condizioni di forte vento: il pilota, senza esperienza di volo in montagna, staccò con grande difficoltà e solo a fine pista. L’aereo stallò in virata, precipitando al suolo e incendiandosi, uccidendo i sei passeggeri, che facevano tutti parte del consiglio comunale di Cortina d’Ampezzo. Gli ex voto si ispirano ai racconti dei soccorritori che prestarono servizio durante le manovre di recupero dei corpi, portati via con delle slitte, poiché in quel periodo la neve si presentava abbondante lungo il sentiero. Nella raffigurazione i corpi dei defunti assumono una dimensione metamorfica, come se la natura si fosse già impossessata della carne degli sventurati con l’intenzione di rigenerarne lo spirito.

Bisogna inerpicarsi lungo il sentiero che sale verso sinistra per poter osservare Uomo di pietra, opera che permette al visitatore di ritrovarsi sotto il Col Rosà con la possibilità di dominare con lo sguardo il sentiero di Pian de ra Spines e il fiume Boite. Questo lavoro artistico è stato realizzato con cemento e sassi trovati in loco, destinati a ruzzolare a valle con le abbondanti piogge autunnali. L’ultima pietra sopra all’opera è stata posizionata con l’aiuto di una bambina di Cortina, che ci ha fatto da guida durante l’allestimento (Leonora parlava spesso con un suo amico immaginario, che abbiamo scoperto essere una cavallina di nome Misty).

Ridiscendendo lungo il sentiero si va incontro al Boite; nei mesi estivi il suo letto di ghiaia si distende in numerosi rivoli, che possono essere scavalcati prendendo lo slancio con un salto oppure attraversati resistendo all’impeto della corrente. Sulla sinistra del sentiero si vede una maestosa frana scendere dalla montagna, gli uomini delle Regole in questi anni hanno provato a contenerla con interventi strutturali, tanto che ora il fianco della montagna si presenta fortemente solcato fino a distendersi in un’apertura che può ricordare la forma di un ventre materno o di un orcio di età romana. All’interno della frana domina il colore bianco delle pietre, che contrasta con il verde del bosco e il celeste dell’acqua del Boite: sembra quasi di trovarsi di fronte a un imponente intervento di Land Art, con un’ampia porzione di terreno che è stata rimossa per permettere all’acqua di defluire dalla montagna verso il fiume senza recare ulteriori danni. Nascosta dietro alcuni alberi, sulla destra della frana, è stata predisposta l’installazione audio Senza titolo (And Angels Know the Rest), che si autoalimenta attraverso l’energia solare trasformata da un piccolo pannello. L’installazione sonora diffonde nell’ambiente circostante un canto a cappella, che ha la funzione di avvicinare il pubblico alla natura che lo ospita e di evocare presenze sconosciute. La voce è un elemento corporeo che nasce dagli organi più nascosti e si espande in esterno: interpretata dall’artista come parte del corpo che penetra (fisicamente) nelle molecole dell’“altro”, testimonia come l’uomo sia ontologicamente parte dell’ambiente che lo ospita. L’audio accoglie e sorprende il visitatore, che rimane in ascolto, fissando la frana, mentre il flebile canto femminile si espande nell’aria sostenendo il confronto con la magnificenza della natura.

Siamo prossimi alla lapide che è stata posta nel punto esatto in cui cadde lo sfortunato Cessna: sul cippo sono iscritti i nomi delle persone che persero la vita in quella sciagura. Sul lato opposto, uno sguardo attento incrocia una goccia di vetro sospesa, come lacrima appesa a un ramo. Sotto di essa il visitatore transita per lo più inconsapevole, come benedetto: il dolore cristallizzato può essere condensato dall’arte per innescare un processo di rigenerazione.

Una piccola salita, neanche il tempo di guardare la punta dei propri piedi, e sulla destra si apre una piazza naturale, di quelle che sembrano create dalla luce stessa, per non dover sempre farsi spazio tra le fronde fitte del bosco. Qui ci sorprende un albero dorato, caduto a causa della neve, e trasportato in questa parte di sentiero per essere artificiosamente ripiantato. Già questa operazione di ripiantumazione ha un valore artistico a sé stante, quale azione “minima”, priva di un senso compiuto, ma altamente simbolica, come solo l’arte riesce a immaginare. Ma l’Albero magico, prima di essere nuovamente issato, è stato dipinto d’oro e rivestito di polvere di vetro, in modo che la sua presenza potesse risultare alterata. Abbiamo osservato persone sedersi sulla panchina di fronte all’opera e trascorrere alcuni minuti in silenzio, forse nel tentativo di ricordare in quale fiaba fosse presente un albero d’oro, o per ricercare dentro di sé delle risposte, esprimere dei desideri, o semplicemente per riposarsi e allacciare le scarpe. Abbiamo osservato le nuvole scorrere nel cielo e fare da schermo al sole, per poi allontanarsi rapidamente, lasciando che l’opera mutasse imprevedibilmente le tonalità del suo colore, e ci siamo rimessi in cammino.

Il bosco continua ad accompagnarci: passiamo sopra le cascate del Boite e ne vediamo altre in lontananza, l’acqua che discende dalle montagne gonfia il fiume dell’energia necessaria per permettergli di arrivare a valle. Il percorso compie un’ampia curva fino a Capo Verde, un punto ristoro rimasto nella memoria degli adulti che da bambini venivano in vacanza a Cortina, poiché in quest’area era presente un parco giochi pubblico. La strada sull’altro lato del fiume, in quaranta minuti di cammino, permette di fare rientro al Camping Olympia, da dove il nostro viaggio è iniziato. In alternativa, si può ripercorrere il sentiero a ritroso, accorgendosi che il percorso ci appare mutato, e che anche le opere possono essere lette in modo differente invertendo il senso di marcia. Nei mesi freddi il sentiero di Pian de ra Spines viene coperto dalla neve, e risulta difficile praticarlo (se non per mezzo di sci da fondo), in questo periodo i cervi lo abitano in cerca di cibo e del fieno che i responsabili del Parco Naturale delle Dolomiti mettono loro a disposizione all’interno di alcune apposite mangiatoie. I cervi devono difendersi anche dai lupi, che dopo molti anni sono tornati ad abitare questo sentiero, quando la vita sui crinali montani diventa difficoltosa anche per questi regali esploratori. Durante i mesi freddi i visitatori non riescono più ad accedere al sentiero e anche le opere di Pupille, ricoperte dalla neve, riposano, come componenti magiche nella vita segreta del bosco.

Fulvio Chimento

Carlotta Minarelli

  • Title: Pupille
  • Year: 2021
  • Location: Cortina d'Ampezzo
  • Curators: Fulvio Chimento, Carlotta Minarelli